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L’Io artista

Con l’espressione “Io artista” si intende la condizione esistenziale all’interno della quale ogni essere umano, in potenza e nella libertà, è in grado di esprimere le sue capacità di sintesi sugli elementi della realtà.  Per avere accesso a questa peculiare condizione dello spirito l’individuo dovrà in quell’attimo possedere il requisito indispensabile di sentirsi e agire come soggetto attivo e resiliente all’interno del suo ambiente. Poi dovrà conquistare ciò che nello zen chiamano il “satori”, cioè quello stato di consapevolezza che va oltre la ragione e l’intuizione e che semplicemente lo farà essere “presente” lì dove è in quel momento: tutt’uno con il suo Sé, dunque con le leggi della vita e con la sua autentica progettualità.

Nel caso del tiro con l’arco questo significa che il tiratore e il bersaglio non sono più due cose contrapposte, ma una sola realtà. L’arciere non è più consapevole di essere uno che ha da colpire il bersaglio davanti a lui. Ma questa condizione di inconsapevolezza egli la raggiunge solo se è perfettamente libero e distaccato da sé, se è tutt’uno con la perfezione della sua abilità tecnica. E’ una cosa tutta diversa da ogni progresso che potrebbe essere raggiunto nell’arte del tiro con l’arco. Questa cosa diversa, che appartiene a tutt’altro ordine di cose, viene chiamata “satori”. È intuizione, che però differisce del tutto da ciò che generalmente viene chiamato intuizione. (da Eugen Herrigel  “Lo Zen e il tiro con l’arco” ed. Adelphi)

Per analogia una persona che segua e applichi nella sua vita la filosofia di Antonio Mercurio (Antropologia Personalistica Esistenziale e Antropologia Cosmoartistica) avrà come abilità la capacità di guardare alla sua storia come altro da sé, con quel giusto distacco che lo farà approdare poi alla fusione finale con la Vita. Il counselor in A.P.E. e in A.C.  si allena costantemente a far emergere l’Io artista ogni volta e di fronte a ogni prova della sua vita, per affermare che nell’uomo la facoltà di creare, anche nelle situazioni più difficili, non viene mai meno.

      L’Io artista è energia potentissima, capace di esplorare prima e, poi, creare interi nuovi universi esistenziali. È una condizione che ci rende viaggiatori in luoghi che travalicano i confini dell’Io: i luoghi della creazione.

    Per meglio presentare questo concetto ci affidiamo a un esempio tratto dall’Odissea di Omero.

    Quando Ulisse arriva a Itaca e si cimenta nella prova dell’arco proposta da Penelope come fa a centrare il bersaglio attraverso i fori delle scuri?

    Quale intima astrazione e quale silenzio interiore ha dovuto creare in quell’attimo per non fallire?

    E come ha potuto farlo, da finto mendicante deriso dai Proci e umanamente pieno di rabbia e odio verso gli usurpatori della sua casa?

    Secondo la lettura che noi vogliamo qui dare, una delle risposte plausibili e derivante dall’umanizzazione del personaggio mitico è che Ulisse in quell’attimo attiva il suo Io artista. Perché si astrae dalla sua storia e dai suoi condizionamenti per concentrarsi su una prestazione da campione, non solo con il pensiero, non solo con il cuore, ma con tutto se stesso e fedele al suo Sé (che nell’Odissea è rappresentato da Athena, iconica dea portatrice di consonanza ed armonia con il progetto cosmico). In quel momento l’artista Ulisse è in profonda empatia con il tutto, con la grande certezza dentro se stesso di agire per un progetto superiore, che va oltre la semplice riconquista della sua casa e della sua donna. Sa di essere, non semplicemente nel giusto, ma in consonanza con il suo Sé e con il progetto del cosmo che lo contiene.

L’episodio dell’arco è uno dei tanti atti risolutivi del grandioso percorso evolutivo verso la riconquista della Bellezza e della vita come opera d’arte compiuto dall’uomo-artista Ulisse durante la sua Odissea.

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